Nella scorsa puntata ho parlato de Il passeggero di Cormac McCarthy. Bentornati ai vecchi e benvenuti ai nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, condividilo con qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato, cliccando qui.
Milano è la città del momento. Dopo il passo falso della “città che non si ferma” poco prima che si fermasse il mondo intero, l’immagine di Milano è stata quasi soltanto positiva: Milano rinata dopo Expo, Milano che già si prepara alle Olimpiadi, Milano che costruisce e in cui l’economia cresce, traino di un Paese altrimenti bloccato e smarrito.
Ma come la cultura orientale ha capito assai meglio di noi, davvero poche, o forse nessuna, sono le cose soltanto buone e belle. E dunque anche l’epoca ruggente di Milano porta con sé contraddizioni, limiti, potenti forze che spingono in direzioni opposte e fanno intravedere i problemi di domani.
Elenca tutte le correnti contrarie L’invenzione di Milano di Lucia Tozzi, pubblicato in ottima edizione dalla casa editrice napoletana – a me altrimenti sconosciuta – Cronopio (2023, 208 pp.). Libro uscito da poco, ma che ha fatto molto parlare di sé, grazie al suo essere rara voce critica e per giunta senza troppi compromessi.
Lo scettico verso la retorica della rinascita milanese troverà nel libro di Tozzi argomenti quasi infiniti: espressi per lo più con una verve polemica che farà dire a quello scettico, di tanto in tanto, «È proprio così!» e «L’ho sempre detto, io!»; sostenuti poi da grande dispiego di mezzi bibliografici e intellettuali, siccome l’autrice è con ogni evidenza una grande esperta degli studi sulle città contemporanee.
Ne escono malconci i grandi progetti immobiliari, le ciclabili, i nuovi quartieri gentrificati, i bandi per il sociale, i politici e gli immobiliaristi: le critiche sono in larga parte concettuali, per dir così, concentrate sui modelli politici e organizzativi e sul pesante ricorso alle energie e ai capitali privati. Non mancano comunque diversi numeri interessanti, che danno una dimensione quantitativa ai problemi, in particolare sul tema dell’edilizia pubblica, ma anche della povertà dei cittadini, sorprendentemente diffusa. Se non si rifiuta in blocco la chiara istanza progressista dell’autrice, si esce dalla lettura piuttosto convinti che la facciata ottimista di Milano sia di fragilissimo cartone.
Per curiosa coincidenza, come poche uscite fa c’è una puntata recente del podcast The Daily inseritasi in queste riflessioni: parla di come le grandi città statunitensi, in particolare New York e San Francisco, stiano perdendo fascino per tanta gente a causa di costi insostenibili e bassa qualità della vita. Diversi i continenti e diversi anche molti degli elementi di contesto, ma l’impressione che le città “globali” siano un modello scricchiolante resta forte.
E con questi dubbi sulla città dove vivo da un decennio (!) è arrivato il momento di partire per il viaggio a cui avevo accennato qualche uscita fa e, per un mesetto circa, anche questa newsletter andrà in vacanza. Ci sentiamo al mio ritorno.
Commenti? Idee? Suggerimenti? Puoi scrivermi rispondendo a questa email o nei commenti qui sotto.