Le scoperte inattese
Un libro recente, l’America molto prima di Colombo e l’attitudine del lettore
Nella scorsa puntata ho parlato del Quinto evangelio di Mario Pomilio. Bentornati ai vecchi e benvenuti ai nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, condividilo con qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato, cliccando qui.
La lista dei miei dieci libri del 2022 ha portato una segnalazione da Ludovica, a cui Norse America ha fatto venire in mente un libro appena uscito: Marckalada. Quando l’America aveva un altro nome, di Paolo Chiesa (Laterza 2023, 168 pp.). Chiesa è professore di letteratura latina medievale all’Università di Milano e, insieme a un gruppo di giovani studenti, ha fatto di recente una scoperta: la prima volta – a nostra conoscenza – che il continente americano è menzionato nell’area mediterranea, circa un secolo e mezzo prima del viaggio di Cristoforo Colombo.
La menzione dell’America si trova in una cronaca di un autore semisconosciuto di nome Galvano Fiamma, morto nel 1344. Fiamma è autore di diverse opere storiche, spesso centrate sulla città di Milano, pienamente medievali come stile e costruzione, e di conseguenza per noi quasi illeggibili. Sono lunghe compilazioni di notizie trovate altrove, impostate di solito seguendo schemi tradizionali che danno largo spazio alla storia sacra e ancor più spazio a fatti del tutto implausibili, quando non proprio inventati.
Ecco, proprio trascrivendo una di queste cronache, in un progetto portato avanti dal professore e da un gruppo di laureandi, gli studiosi si sono imbattuti in qualche riga che dice così (nella traduzione di Chiesa):
I marinai che frequentano i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un’isola detta Grolandia […] e ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: esistono edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti. Lì si trovano alberi verdi, animali e moltissimi uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche.
Dal punto di vista del contenuto, come forse ricorderà chi ha letto una puntata recente, ritroviamo qui qualche elemento di ciò che già si sapeva nell’Europa scandinava: nelle loro saghe, i norreni avevano memoria di terre (che chiamavano Helluland, Markland e Vinland) visitate da personaggi semimitici e descritte in poemi del X e XI secolo. La cronaca di Fiamma è un riflesso, un’eco lontana di quelle voci. Difficile che l’autore avesse dato troppa importanza a questa menzione di Marckalada, visto che nella sua cronaca riporta fatti ben più straordinari o incredibili, di cui si preoccupa ancor meno di trovare una prova o una giustificazione. In un mondo in cui esistono ippogrifi, arabe fenici, re cristiani lontanissimi con cui nessuno ha più contatti da secoli e popoli di uomini che hanno una sola gamba, alcune terre molto a ovest e abitate da giganti sono al massimo una curiosità geografica.
Noi sappiamo che quella è l’America, o almeno il ricordo di antiche visite del continente americano da parte dei popoli scandinavi: per Fiamma era un altro scampolo di informazioni su un mondo enorme, largamente sconosciuto, pieno di incredibili prodigi riportati da fonti di terza o quarta mano. Un mondo così strano e ignoto che chiamava a una sorta di sospensione dell’incredulità preventiva.
Ma la menzione nella cronaca di Fiamma è comunque notevole. La scoperta di Chiesa e i suoi è finita sui giornali e merita tutta l’attenzione che ha avuto, oltre che di essere raccontata nel piacevole e affascinante libro appena pubblicato da Laterza. Qui Chiesa ripercorre tutte le tappe principali delle indagini che ha svolto intorno a questo testo e al manoscritto che lo contiene (aspetto di grande fascino su cui non vi anticipo nulla: una vera storia nella storia). Prova a capire da dove Fiamma potrebbe aver avuto queste notizie; qual era la forma mentis di uno storico medievale; che cosa sappiamo delle esplorazioni vichinghe.
Come spesso accade nel campo degli studi storici e letterari di oggi, il testo al centro dell’indagine sono documenti che nessuno leggerebbe mai, se non per dovere. C’è un aspetto misterioso e insondabile nella ricerca: centinaia e centinaia di ore passate in compiti noiosi e ripetitivi, con la prospettiva assai reale di non cavarci fuori granché di interessante. Una scoperta come quella di Chiesa è un’eccezione assai rara, statisticamente parlando.
L’attitudine dello storico o del filologo è un po’ quella del cercatore d’oro: si setaccia il greto del fiume per ore, per giorni, per settimane, sperando di trovare di tanto in tanto piccoli frammenti luccicanti (lasciamo stare grosse pepite come Marckalada). Chiesa ne è ben cosciente e dedica alcune pagine a mostrare perché ne vale comunque la pena: una difesa appassionata degli studi umanistici, genere piuttosto frequente oggi che sono passati in secondo piano nella considerazione del mondo.
Mi chiedo se questa attitudine di paziente ricerca non sia, più in generale, anche quella del lettore. Senza interrogare il testo con gli strumenti della critica letteraria più evoluta – senza analizzare la storia del manoscritto, la lingua, le fonti, i riferimenti del testo – il lettore passa molte ore immerso in pagine che non danno tutte e sempre una facile soddisfazione. Se prosegue e insiste nella sua strana passione è perché sa che, di tanto in tanto, nel setaccio rimane una scheggia d’oro.
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