Nella scorsa puntata ho parlato di libri e senso di avventura. Se quello che leggi qui sotto ti piace, inoltralo a qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato mattina, cliccando qui.
Ho un problema con le recensioni dei romanzi, e ammetto che potrebbe essere una cosa seria, visto che mi piacerebbe scriverne di più. Parlare di un saggio è, in confronto, molto più facile: c’è un tema, una ricerca più o meno approfondita, delle conclusioni più o meno originali. Un saggio vuole informare o argomentare ed è tutto sommato semplice capire se quegli scopi sono stati raggiunti.
Ma parlare di un romanzo o di un libro di racconti è un altro paio di maniche. La narrativa non ha fini informativi, non vuole insegnare qualcosa. Non vuole neppure raccontare una storia – non tutti i romanzi lo fanno, o comunque per molti non è l’obbiettivo principale. La letteratura è un fatto estetico, come suonare una canzone o dipingere un quadro. In altre parole, un romanzo ha come unico metro, per valutarne la riuscita, la sua bellezza.
Concetto, però, assai difficile da definire, e soprattutto non oggettivo. Quanto è bello per me può non esserlo per un altro lettore, senza che nessuna discussione razionale possa convincerlo del contrario. Ci sarà da qualche parte qualcuno che ha trovato Stoner noioso o persino che trova la Divina commedia sopravvalutata, e non c’è molto che si possa fare per fargli cambiare idea.
Persone di uguale cultura e formazione apprezzeranno cose molto diverse e lo stesso avverrà in fasi diverse della vita della stessa persona. Riuscire a immedesimarsi nelle preferenze di qualcun altro è parecchio difficile, né più né meno di quanto non sia comprendere davvero i punti di vista diversi dal nostro, motivo per cui nelle discussioni sui social network tendiamo a incasellare chi la pensa in modo differente come uno stupido, un ignorante o un fuori di testa.
Si può senz’altro fare un discorso descrittivo intorno a un romanzo, presentarne i personaggi o la trama o lo stile e darne una qualche valutazione. Si può provare a mettere un’opera nel suo contesto e valutarne l’originalità o la capacità di rappresentare un’epoca. Ma il libro sarà sempre più della somma delle sue parti, e tra leggerlo e descriverlo resterà sempre la stessa differenza che c’è tra descrivere un elefante – un animale con le orecchie così e cosà, di queste dimensioni e di quei colori – e vederlo dal vivo. L’esperienza estetica è in larga parte intraducibile in parole.
E quindi mi trovo in difficoltà quando mi imbatto in una recensione che consiglia un romanzo: io e il recensore avremo gli stessi gusti? Quando dice «stile ricercato ed elegante» non starà mica incensando frasi ampollose o contorte?
L’unico modo per fidarsi delle recensioni, credo, è conoscere il suo autore. So che suona un po’ ristretto e amatoriale, ma l’unico modo per scegliere un libro in base al consiglio di qualcun altro è avere un’idea molto chiara di che cosa piace e che cosa no alla persona che ne parla. In tutti gli altri casi, meglio non fidarsi.
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