Caro Giovanni, ti scrive una tua vecchi(ssim)a conoscenza stavolta in veste di scrittore di versi da una vita con qualche raccolta alle spalle, e naturalmente di lettore. In realtà, chi scrive poesia si conta in numeri che sono impressionanti, in Italia e non solo. Ma c'è una differenza sostanziale tra l'Italia e - soprattutto - i paesi anglosassoni: in questi ultimi esiste un filtro critico che fa sì che l'amatore del genere non particolarmente portato resti a tediare amici e parenti, e non si iscriva d'ufficio alla vasta categoria dei geni incompresi. Quel filtro è fatto di fondazioni che assegnano premi in denaro sostanziosi, di università che di norma ospitano un "resident poet", cui si chiede di solito di tenere corsi di scrittura creativa, di riviste severe e serie che pubblicano per merito. In Italia manca completamente qualsiasi forma di filtro, e in aggiunta l'assassinio della poesia, colpevole di aver allontanato milioni di persona da qualsiasi desiderio di leggerne mai più, è la scuola, con le sue crudeli usanze di vivisezione del testo poetico, meglio nota come "analisi" (figure retoriche, tipologia dei versi, e qualsiasi altra scemenza tecnica che uccide), da parte di insegnanti che, bene che vada, l'ultimo poeta recente che hanno letto è Montale. Discorso lungo. Ma mi premeva aggiungere una nota. Ti leggo sempre e sempre volentierissimo, sei sempre all'altezza del ricordo che ho di te. Un abbraccio.
Caro Stefano, è un piacere risentirti. Non conosco il mondo della poesia “dall’interno” come te che sei un poeta – leggo sempre con piacere quanto posti dei tuoi lavori – e dunque ti ringrazio per l’aggiunta alle mie note che sono, per così dire, da una certa distanza. Per quanto riguarda il mondo scolastico e il modo in cui tratta la poesia (ma direi anche la letteratura in generale) apri un discorso affascinante e mi hai ispirato quanto scriverò più tardi. Un abbraccio anche a te e a presto
Caro Giovanni, ti scrive una tua vecchi(ssim)a conoscenza stavolta in veste di scrittore di versi da una vita con qualche raccolta alle spalle, e naturalmente di lettore. In realtà, chi scrive poesia si conta in numeri che sono impressionanti, in Italia e non solo. Ma c'è una differenza sostanziale tra l'Italia e - soprattutto - i paesi anglosassoni: in questi ultimi esiste un filtro critico che fa sì che l'amatore del genere non particolarmente portato resti a tediare amici e parenti, e non si iscriva d'ufficio alla vasta categoria dei geni incompresi. Quel filtro è fatto di fondazioni che assegnano premi in denaro sostanziosi, di università che di norma ospitano un "resident poet", cui si chiede di solito di tenere corsi di scrittura creativa, di riviste severe e serie che pubblicano per merito. In Italia manca completamente qualsiasi forma di filtro, e in aggiunta l'assassinio della poesia, colpevole di aver allontanato milioni di persona da qualsiasi desiderio di leggerne mai più, è la scuola, con le sue crudeli usanze di vivisezione del testo poetico, meglio nota come "analisi" (figure retoriche, tipologia dei versi, e qualsiasi altra scemenza tecnica che uccide), da parte di insegnanti che, bene che vada, l'ultimo poeta recente che hanno letto è Montale. Discorso lungo. Ma mi premeva aggiungere una nota. Ti leggo sempre e sempre volentierissimo, sei sempre all'altezza del ricordo che ho di te. Un abbraccio.
Caro Stefano, è un piacere risentirti. Non conosco il mondo della poesia “dall’interno” come te che sei un poeta – leggo sempre con piacere quanto posti dei tuoi lavori – e dunque ti ringrazio per l’aggiunta alle mie note che sono, per così dire, da una certa distanza. Per quanto riguarda il mondo scolastico e il modo in cui tratta la poesia (ma direi anche la letteratura in generale) apri un discorso affascinante e mi hai ispirato quanto scriverò più tardi. Un abbraccio anche a te e a presto
Come dicevano i CCCP: «Siamo arrivati troppo tardi o forse troppo presto, comunque il nostro tempo non assomiglia al vostro»