Che sollievo leggere che anche altri, per di più autorevoli e comunque stimati professionisti, hanno avuto la stessa mia impressione (nel mio caso mi riferisco ai film). Dopo tanti anni e migliaia di titoli, non mi riesce quasi più di trovare qualcosa di significativo per me, e spesso preferisco rivedere capolavori già noti che la novità del giorno. "Avrò la puzza sotto al naso"? mi chiedo talvolta. O magari questa passione si è semplicemente esaurita? Sono semplicemente invecchiato e, come spesso accade, mi ritrovo a pensare: "era meglio una volta..."? Ecco, fa piacere sentire qualcun altro con le stesse impressioni. Forse non avrà ragione neppure lui, forse fra vent'anni il livello medio odierno parrà eccelso, chissà, ma se non altro ci si sente un po' meno soli...
Per fortuna i grandi capolavori sono tanti e chissà se basta una vita per leggerli tutti. Certo ci sarà anche una questione di mediocrità del prodotto medio, comune a tutte le epoche: i romanzi italiani di inizio Novecento, uscendo da qualche grande nome, tendono a essere di una svenevolezza o di una retorica insopportabile. Parte è senz’altro una questione di prospettiva. Ma a costo di risultare antipatico credo sia comunque importante chiamare le cose con il loro nome e se un libro è brutto, è brutto, in ogni tempo e ad ogni latitudine...
Culturalmente, siamo entrati da tempo nella remix culture: si propone sempre di più quello che “sul mercato funziona”.
Quindi si scommette su rimaneggiamenti di vecchi successi. A ritrovarli ci sono studi che dicono che uffa la complessità, e vuoi per questo o quel motivo, la gente che compra, compra sempre di più cose semplici e l’analisi dei testi di libri (in inglese, mi sembra) lo conferma.
Da non molto, il polpettone lo si può produrre anche industrialmente - vedi il link - con tecnologie che già ora dovrebbero farci chiedere cosa è un “libro” oggi, e quindi cosa vuol dire essere un autore o un lettore.
Per esempio, ora è possibile disegnare una storia e far sì che uno dei personaggi parli come una persona che conosco solo io, basta che fornisca i dati necessari a crearne il simulacro,
Vero. La scarsità di opere “nuove” è evidente soprattutto nel cinema, che è dominato da reboot, prequel e sequel, saghe in trenta capitoli e trasposizioni cinematografiche di fumetti o libri. Dicevano che “Everything Everywhere All at Once” è una boccata d’aria, perché opera originale nata interamente nel cinema - ma confesso che non l’ho vista.
Che sollievo leggere che anche altri, per di più autorevoli e comunque stimati professionisti, hanno avuto la stessa mia impressione (nel mio caso mi riferisco ai film). Dopo tanti anni e migliaia di titoli, non mi riesce quasi più di trovare qualcosa di significativo per me, e spesso preferisco rivedere capolavori già noti che la novità del giorno. "Avrò la puzza sotto al naso"? mi chiedo talvolta. O magari questa passione si è semplicemente esaurita? Sono semplicemente invecchiato e, come spesso accade, mi ritrovo a pensare: "era meglio una volta..."? Ecco, fa piacere sentire qualcun altro con le stesse impressioni. Forse non avrà ragione neppure lui, forse fra vent'anni il livello medio odierno parrà eccelso, chissà, ma se non altro ci si sente un po' meno soli...
Per fortuna i grandi capolavori sono tanti e chissà se basta una vita per leggerli tutti. Certo ci sarà anche una questione di mediocrità del prodotto medio, comune a tutte le epoche: i romanzi italiani di inizio Novecento, uscendo da qualche grande nome, tendono a essere di una svenevolezza o di una retorica insopportabile. Parte è senz’altro una questione di prospettiva. Ma a costo di risultare antipatico credo sia comunque importante chiamare le cose con il loro nome e se un libro è brutto, è brutto, in ogni tempo e ad ogni latitudine...
Culturalmente, siamo entrati da tempo nella remix culture: si propone sempre di più quello che “sul mercato funziona”.
Quindi si scommette su rimaneggiamenti di vecchi successi. A ritrovarli ci sono studi che dicono che uffa la complessità, e vuoi per questo o quel motivo, la gente che compra, compra sempre di più cose semplici e l’analisi dei testi di libri (in inglese, mi sembra) lo conferma.
Da non molto, il polpettone lo si può produrre anche industrialmente - vedi il link - con tecnologie che già ora dovrebbero farci chiedere cosa è un “libro” oggi, e quindi cosa vuol dire essere un autore o un lettore.
Per esempio, ora è possibile disegnare una storia e far sì che uno dei personaggi parli come una persona che conosco solo io, basta che fornisca i dati necessari a crearne il simulacro,
Vero. La scarsità di opere “nuove” è evidente soprattutto nel cinema, che è dominato da reboot, prequel e sequel, saghe in trenta capitoli e trasposizioni cinematografiche di fumetti o libri. Dicevano che “Everything Everywhere All at Once” è una boccata d’aria, perché opera originale nata interamente nel cinema - ma confesso che non l’ho vista.
https://www.nytimes.com/2023/05/01/books/aidan-marchine-death-of-an-author.html