Ho letto la sua interessante e condivisibile disamina. Ho letto anche un saggio storico dal titolo "Silenzio di piombo" di Patrizia Zangla editore Leone. Mi piacerebbe che lo leggesse per farmi sapere cosa ne pensa. Grazie per l'attenzione e cordiali saluti.
da scrittore (per passione) comprendo le sue perplessità, e credo che il problema risieda soprattutto nell'ipertrofia della produzione: siamo sommersi dai libri, quando ho pubblicato per la prima volta mi ha stupito proprio la vastità della produzione letteraria in Italia; vastità che rende estremamente difficile selezionare il meglio (vero o presunto) o anche solo orientarsi e ipotizzare l'esistenza di tendenze di fondo. Resiste la nicchia dei concorsi letterari più prestigiosi, anche se l'impressione è che si tratti di un ambiente referenziale dove le maggiori case editrici italiane si celebrano tra loro e sgomitano per un posto in prima fila; raramente si entra nel merito dei testi e del perché un'opera dovrebbe essere rilevante o dire qualcosa al lettore.
Thriller e gialli la fanno da padroni e personalmente non sono molto in sintonia con i generi, specie non se non alludono a qualcosa di più ampio. La dittatura dello storytelling, figlia anche delle serie Tv, è per me un limite anche della letteratura contemporanea: conta solo il plot, la trama, conta "scoprire il colpevole"; il romanzo non deve parlare del mondo e offrire un punto di vista alternativo, personale e magari scomodo sulla società (ciò che aveva caratterizzato la modernità e anche molta post modernità, penso a opere mondo come Infinite Jest, 2666, Underworld etc..), ma semplicemente intrattenere, catturare l'attenzione del pubblico. Io preferisco una letteratura che mi aiuti a esplorare e a interrogarmi su "cosa significa essere una persona" (cito un grande scrittore contemporaneo), piuttosto che una letteratura che semplicemente funzioni come un anestetico, un diversivo. Lungi da me rigettare in toto le proposte che cercano di conquistare le simpatie del grande pubblico, ci mancherebbe, però credo appunto che la dittatura della "storia" abbia paralizzato e limitato le potenzialità della narrativa contemporanea, rendendola molto convenzionale e orientata alla conquista del mercato (operazione che riesce molto di rado e solo se ti supportano realtà editoriali importanti). In ogni caso, mi piacerebbe discutere anche in privato della questione, se mi può lasciare il suo indirizzo email.
Sul fatto di essere raggiunto o meno da notizie in merito a nuove uscite e casi letterari, beh mi trovo d'accordo, penso proprio sia così, cioè è assente quel sistema che colpisce ad esempio film e serie TV: tutti, ma proprio tutti, dopo poco tempo ne parlano, postano, tweetano. Con i libri no.
In parte credo dipenda dal fatto che il romanzo di narrativa è giocoforza un mercato di nicchia, non tocca tutti, ma davvero solo quelli che davvero leggono. Mi viene ad esempio in mente come mi sono imbattuto in Elena Ferrante: una cartina geografica stilata da un sito straniero in cui per ogni nazione veniva indicato l'autore/l'autrice contemporanea più importante. Di Elena Ferrante, al tempo (aveva da poco pubblicato il primo L'amica geniale) non ne avevo mai sentito parlare.
Dall'altra credo sia un po' colpa di case editrici e romanzieri, che non sanno farsi pubblicità fuori dalle strade battute. È anche vero che devi essere un appassionato per iscriverti ad esempio a riviste mensili del tipo Il libraio, dove un contenitore di una parte del nuovo appena pubblicato lo trovi.
Io dal canto mio difficilmente decido di buttarmi in letture narrative contemporanee scritte da quelli che per me sono perfetti sconosciuti. Preferisco il nome sicuro, o recuperare il passato mai sprovvisto di "libri che dovresti assolutamente leggere".
Ho letto la sua interessante e condivisibile disamina. Ho letto anche un saggio storico dal titolo "Silenzio di piombo" di Patrizia Zangla editore Leone. Mi piacerebbe che lo leggesse per farmi sapere cosa ne pensa. Grazie per l'attenzione e cordiali saluti.
Buongiorno,
da scrittore (per passione) comprendo le sue perplessità, e credo che il problema risieda soprattutto nell'ipertrofia della produzione: siamo sommersi dai libri, quando ho pubblicato per la prima volta mi ha stupito proprio la vastità della produzione letteraria in Italia; vastità che rende estremamente difficile selezionare il meglio (vero o presunto) o anche solo orientarsi e ipotizzare l'esistenza di tendenze di fondo. Resiste la nicchia dei concorsi letterari più prestigiosi, anche se l'impressione è che si tratti di un ambiente referenziale dove le maggiori case editrici italiane si celebrano tra loro e sgomitano per un posto in prima fila; raramente si entra nel merito dei testi e del perché un'opera dovrebbe essere rilevante o dire qualcosa al lettore.
Thriller e gialli la fanno da padroni e personalmente non sono molto in sintonia con i generi, specie non se non alludono a qualcosa di più ampio. La dittatura dello storytelling, figlia anche delle serie Tv, è per me un limite anche della letteratura contemporanea: conta solo il plot, la trama, conta "scoprire il colpevole"; il romanzo non deve parlare del mondo e offrire un punto di vista alternativo, personale e magari scomodo sulla società (ciò che aveva caratterizzato la modernità e anche molta post modernità, penso a opere mondo come Infinite Jest, 2666, Underworld etc..), ma semplicemente intrattenere, catturare l'attenzione del pubblico. Io preferisco una letteratura che mi aiuti a esplorare e a interrogarmi su "cosa significa essere una persona" (cito un grande scrittore contemporaneo), piuttosto che una letteratura che semplicemente funzioni come un anestetico, un diversivo. Lungi da me rigettare in toto le proposte che cercano di conquistare le simpatie del grande pubblico, ci mancherebbe, però credo appunto che la dittatura della "storia" abbia paralizzato e limitato le potenzialità della narrativa contemporanea, rendendola molto convenzionale e orientata alla conquista del mercato (operazione che riesce molto di rado e solo se ti supportano realtà editoriali importanti). In ogni caso, mi piacerebbe discutere anche in privato della questione, se mi può lasciare il suo indirizzo email.
Sul fatto di essere raggiunto o meno da notizie in merito a nuove uscite e casi letterari, beh mi trovo d'accordo, penso proprio sia così, cioè è assente quel sistema che colpisce ad esempio film e serie TV: tutti, ma proprio tutti, dopo poco tempo ne parlano, postano, tweetano. Con i libri no.
In parte credo dipenda dal fatto che il romanzo di narrativa è giocoforza un mercato di nicchia, non tocca tutti, ma davvero solo quelli che davvero leggono. Mi viene ad esempio in mente come mi sono imbattuto in Elena Ferrante: una cartina geografica stilata da un sito straniero in cui per ogni nazione veniva indicato l'autore/l'autrice contemporanea più importante. Di Elena Ferrante, al tempo (aveva da poco pubblicato il primo L'amica geniale) non ne avevo mai sentito parlare.
Dall'altra credo sia un po' colpa di case editrici e romanzieri, che non sanno farsi pubblicità fuori dalle strade battute. È anche vero che devi essere un appassionato per iscriverti ad esempio a riviste mensili del tipo Il libraio, dove un contenitore di una parte del nuovo appena pubblicato lo trovi.
Io dal canto mio difficilmente decido di buttarmi in letture narrative contemporanee scritte da quelli che per me sono perfetti sconosciuti. Preferisco il nome sicuro, o recuperare il passato mai sprovvisto di "libri che dovresti assolutamente leggere".