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Un libro è un oggetto molto particolare. È molto fragile, specialmente nelle edizioni tascabili: nemico dell’acqua, delle pieghe, perfino dell’apertura di pagina troppo decise. Però non è un oggetto effimero. Resta per anni nelle librerie, e spesso ci ricordiamo dove lo abbiamo comprato, quando lo abbiamo letto, qual è la sua copertina.
Un libro è molto più della semplice somma delle pagine che lo compongono. Ha una sua realtà molto concreta. E a questa si legano alcuni fenomeni molto affascinanti. La memoria umana è straordinariamente visiva – come spiega bene il bellissimo saggio L’arte di ricordare tutto di Joshua Foer – e chi ha un po’ di familiarità con la lettura avrà provato almeno una volta l’esperienza quasi magica di riaprire un libro alla pagina dove aveva lasciato il segnalibro e ricominciare a leggere esattamente dalla frase che aveva concluso uno o due giorni prima. L’occhio memorizza la posizione delle parole altrettanto bene di quanto la memoria registra il contenuto.
Lo stesso fenomeno si verifica quando si scorrono all’indietro le pagine di un libro, ripensando a un passaggio o a un concetto tornato alla mente, e si ritrova facilmente proprio quel punto, quella frase. “Era nella pagina a destra, in basso, verso l’inizio”, ci si dirà, ed eccolo lì, come se fosse una piazza o un negozio riconosciuti all’istante in una città che non si visita da anni.
Ci saranno senz’altro studi che hanno esplorato gli aspetti fisici della lettura. Qui ci interessano due conseguenze importanti. La prima è l’ottima resistenza dell’oggetto-libro alla rivoluzione tecnologica. Non ricordo dove ho letto che il libro è già un oggetto perfetto, che non si può innovare in modo significativo senza peggiorarlo. E infatti l’aspetto di un libro è più o meno invariato da molte centinaia di anni, con qualche modifica ai materiali e alle dimensioni medie.
La seconda è il limitato successo che potranno avere gli eBook o la lettura da computer, cellulare o tablet. Lo dico da entusiasta del Kindle. Quando uscì, feci in modo di farmelo regalare nell’arco di pochi mesi, prima ancora che fosse disponibile in Italia. Anche se in questi anni l’ho usato molto, e con soddisfazione – ci ho letto anzi diverse delle cose migliori in cui mi sia imbattuto – non posso nascondermi che l’esperienza della lettura su Kindle è un po’ peggiore di quella della lettura su carta.
Il motivo principale è appunto la mancanza della dimensione tridimensionale del libro: piuttosto poco pratico tornare indietro di qualche pagina per rileggere un passaggio, difficile sbirciare in avanti per vedere quando finisce il capitolo, impossibile fare affidamento alla memoria spaziale per recuperare una frase al volo (il sistema delle evidenziazioni prova, con parziale successo, a risolvere il problema). Per forza di cose, le pagine su un Kindle sono tutte uguali.
Negli ultimi anni quindi ho riscoperto il piacere di possedere e leggere libri di carta. Non solo, ma anche quello di avere bei libri. Non sono certo un collezionista – me ne manca la capacità finanziaria e in fondo anche l’interesse – ma un Meridiano Mondadori o un Supercorallo Einaudi, per restare agli esempi più banali, sono dei gran begli oggetti, prima ancora che libri di qualità per il contenuto (certo non sempre, ma spesso).
Vengo al punto. Mi interessa il Medioevo e le storie arturiane (come ricorderà chi ha letto la prima uscita di questa newsletter) e uno dei testi più importanti nel secondo campo è un libro del XII secolo che ha creato il personaggio di Artù e di Merlino. Si chiama La storia dei re di Bretagna ed è un’opera di Goffredo di Monmouth, che scrisse l’originale in latino intorno al 1130.
Ricordavo di averne avuto per le mani un’edizione italiana all’università e di averne letto qualche brano, ma qualche giorno fa ho deciso che volevo una bella edizione inglese. Volevo il testo originale insieme a una traduzione in una lingua che conoscevo e avevo trovato gli autori di una buona edizione critica recente. Lo so che bisognerebbe sostenere le librerie indipendenti, ma questo è un caso in cui è quasi impossibile: quindi sono andato su Amazon e ho trovato il libro che, almeno in apparenza, era proprio quello che cercavo. Non solo: Amazon Prime mi permetteva di averla entro il giorno successivo. Chissà, mi sono detto, magari negli enormi magazzini di Amazon in Italia c’è un piccolo numero di libri stranieri.
Il giorno dopo ho ricevuto il libro, ma qualcosa non mi tornava. Era infatti un volume che sembrava stampato… il giorno prima. La qualità della carta era buona ma non straordinaria. Guardandolo di taglio, si vedevano molto bene i vari fascicoli uniti insieme. Non era un brutto libro, ma sembrava un tascabile economico.
L’ultima pagina prima della copertina mi ha svelato il mistero. Nonostante si presentasse come l’edizione che cercavo, in una piccola scritta nell’angolo della pagina bianca si dichiarava che il libro era stato stampato da una società che non avevo mai sentito, ovviamente diversa dalla casa editrice.
Una breve ricerca su Internet mi ha svelato che si tratta di uno dei servizi di print-on-demand (POD) di Amazon. Quello che è successo, in pratica, è che il mio ordine era tra quelli disponibili in un catalogo digitale di Amazon, che quindi ha preso il file, lo ha stampato, rilegato e mandato al mio indirizzo. Di qui la rapidità nella consegna. Non si trattava certo di un libro proveniente dall’Inghilterra, disponibile per caso in un magazzino italiano: era un libro che, fino al mio ordine online, letteralmente non esisteva.
Il problema è che questa informazione non era disponibile da nessuna parte al momento dell’acquisto (forse era implicita nella dicitura “venduto e spedito da Amazon”?). La casa editrice dichiarata risulta un’altra (la rispettabile Boydell Press) e nulla mi faceva pensare di aver acquistato una copia, per così dire, prodotta sul momento.
Direte voi: c’è ben poca differenza. E in effetti il contenuto è identico: l’impaginazione, il testo, il frontespizio. Ma un libro è anche molte altre cose, come la qualità della sua carta, la solidità della rilegatura, l’ingiallimento delle pagine dovuto al tempo. Io non ho mai visto un esemplare del libro nella sua tiratura originale e non so quindi qual è la differenza nella qualità dell’oggetto. Il motivo della mia delusione è anche un altro: se avete in animo di comprare un oggetto, lo volete in originale e non in una copia costruita appositamente per voi. Io cercavo un libro che veniva da lontano, raro e ricercato, con il piacere che deriva dal possederne uno: mi ritrovo un esemplare messo insieme solo dalla formidabile capacità logistica di Amazon. Ma una casa editrice non è una copisteria…
A meno che, certo, la casa editrice originale non funzioni proprio così (ma sul loro sito non ho trovato indizi chiari in quel senso): che cioè promuova la possibilità di stampare on demand il loro catalogo, per qualche ragione loro. Ma mi sembra più plausibile che Amazon stia spingendo per sostituirsi agli stampatori: con la sua rete distributiva può immaginare di avere un archivio digitale di libri e di stampare solo quelli che vengono richiesti, invece di doversi occupare degli ingombranti magazzini fisici dove stipare le copie delle varie tirature.
Forse i libri diventeranno più accessibili, così; ma si perderà un po’ del fascino del libro in quanto oggetto unico, con la sua qualità e la sua storia. Comprarsi i libri originali diventerà magari una ricercatezza, come comprare i vinili o farsi la barba con il rasoio a mano libera?