Ho appena iniziato Memorie di Adriano, ma questa volta si spariglia e non si parla di libri. Nella scorsa puntata ho presentato una selezione di che cosa ho letto quest’anno. Se quello che trovate qui vi piace e volete riceverlo a partire dalla settimana prossima direttamente nella vostra mail, lo potete fare cliccando qui.
La app che uso per ascoltare i podcast (PocketCasts) mi informa che negli ultimi quattro anni ho ascoltato 1.460 ore di audio, l’equivalente di 61 giorni. Vuol dire che in media ho passato due settimane di fila ogni anno a sentire podcast. Sembra una cifra impressionante, ma in realtà corrisponde a circa un’ora al giorno (dopotutto dormiamo per un totale di quasi quattro mesi di fila ogni anno…). Ascolto i podcast soprattutto quando sono in viaggio o mi sposto sui mezzi per andare a lavorare, quindi il totale è assai plausibile.
Ecco allora la mia “dieta”, insieme a qualche altra miniserie non periodica che ho ascoltato di recente. Parecchie cose sono in inglese – ho cominciato ad ascoltare podcast in inglese più o meno quattro anni fa: all’inizio facevo una fatica cane, ma con un po’ di costanza si ottengono ottimi risultati. E soprattutto si apre il mondo dei contenuti in lingua inglese, che è sconfinato, per tutti i gusti e con parecchi prodotti di altissima qualità.
Quello che cerco in un podcast sono informazioni su temi che mi interessano, oppure una storia ben raccontata (ma senza senza essere recitata: non sopporto i podcast recitati o dal conduttore troppo impostato).
E quindi, ogni giorno ascolto due podcast di informazioni: Up First di NPR e The Daily del New York Times. Il primo è un breve riassunto dei fatti principali del giorno, curato dalla redazione notizie della radio pubblica americana. Il secondo, uno dei podcast più ascoltati del mondo, si concentra su un solo tema ad episodio, di solito la principale notizia della giornata, e lo approfondisce con i giornalisti del New York Times (piccola nota biografica: ho avuto l’incredibile fortuna di conoscere il conduttore, Michael Barbaro, durante un viaggio negli Stati Uniti: una delle persone più gentili e disponibili che abbia mai incontrato). Sia Up First che The Daily escono verso mezzogiorno ora italiana.
Ci sono poi i podcast con cadenza periodica. Parto da quelli che seguo in italiano.
Gli Incompetenti, di Andrea Basti, Lorenzo Bertolucci e Francesco Chignola (pagina Facebook). Forse il mio preferito in assoluto, quello che mi diverto di più ad ascoltare. Tre amici che amano il cinema e che commentano i film in uscita nelle sale o sulle piattaforme. Il vero punto di forza è l’intesa tra i conduttori – si fanno un sacco di battute cretine, si ride un sacco – e io me lo sento sempre con gran gusto. Anche se parla di film che non mi interessano o non vedrà mai.
Da Costa a Costa, di Francesco Costa, vicedirettore del Post, sugli Stati Uniti (sito). Giustamente famoso, racconta una storia americana ogni due settimane (si alterna con la newsletter). Ben scritto e frutto di un lavoro che prosegue da anni con ottimi risultati: vale sempre la pena ascoltarlo.
Ab Origine, di Giovanni Pigatto e Laura Mozzato (pagina Facebook). Un podcast sugli Stati dell’Africa, un Paese alla volta. Ospiti spesso originali e una grande attenzione alla storia di luoghi per noi poco o nulla conosciuti. La produzione non è al livello dei precedenti, ma resta un prodotto degno di nota. La puntata migliore finora è un’intervista con Pablo Trincia sul Pidgin English, per cui se vi incuriosisce vi consiglio di partire da lì.
Storia d’Italia, di Marco Cappelli (sito). Un podcast tenuto insieme da una passione incredibile e un progetto veramente da pazzi – la storia d’Italia viene raccontata in pratica due o tre anni per volta, in puntate lunghe, da tre quarti d’ora circa. La narrazione parte dal tardo Impero romano e oggi, alla puntata 72, siamo a metà del VI secolo dopo Cristo. Spero che tra dieci anni saremo ancora qui a parlarne, quando Marco sarà arrivato… alle guerre d’indipendenza? Alla peste del Seicento?
Il podcast di Alessandro Barbero (pagina Facebook). Lo sapete che tecnicamente non è un podcast vero? Sono conferenze e lezioni caricate poi per l’ascolto “in differita”. Comunque, durante questa pandemia molti hanno scoperto le doti narrative di Barbero, e ce ne fossero di divulgatori come lui (mentre gli smodati entusiasmi di chi lo vorrebbe capo del mondo o nuovo leader della sinistra francamente mi sembrano del tutto fuori luogo). Io non vado pazzo per il suo tono un po’ leggerino di qualsiasi cosa parli, dalle spie naziste alle mistiche francesi, ma questo non mi impedisce di aver cominciato ad ascoltare dall’episodio uno e di ripromettermi di recuperarli tutti. Diciamo che per me è un po’ come un libro giallo: un ascolto defatigante, per rilassarsi. Se fosse un libro, sarebbe Agatha Christie.
Queste invece le serie che seguo in inglese:
Reveal, del Center for Investigative Journalism (sito). Un gruppo di giornalisti investigativi americani è alla base di questo interessante podcast che dà un’immagine degli Stati Uniti un po’ più sporca e meno plastificata di quella a cui siamo abituati dai prodotti dell’industria culturale o dalle notizie di terza mano che arrivano da noi. Si picchia duro sulle ingiustizie sociali ed economiche, sul razzismo, insomma sulle cose che non vanno. Per l’approccio e i temi a me ricorda abbastanza Report. Se fosse un libro, sarebbe qualcosa di George Orwell.
Talking Politics (sito). Immaginatevi un professore di Scienze politiche di Cambridge che, una volta la settimana, parla per un’ora di temi di attualità con altri professoroni. Mi rendo conto che suona noiosissimo, ma l’aplomb britannico unito alla qualità dei contenuti me lo fanno amare. Se qualcuno ci si avventura, io sono arrivato a questa conclusione: Runciman – il conduttore – ha sempre ragione, anche se non soprattutto quando ha torto.
Throughline, di NPR (sito). Un podcast che racconta la storia partendo dall’attualità. Si vota negli Stati Uniti? La puntata si occupa di come è nato il sistema del collegio elettorale. L’elezione risulta contesa (almeno per una parte)? La puntata ripercorre il famoso precedente di Bush vs Gore del 2000. La ricostruzione storica non è sempre impeccabile – ma dei danni dello storytelling ne parliamo un’altra volta – ma gli episodi sono ben scritti e ben raccontati.
The Tip Off (sito). Se vi interessa il giornalismo, questo podcast racconta i dietro le quinte delle inchieste giornalistiche (soprattutto britanniche): come nascono, come partono le ricerche, quali sono le difficoltà e i rischi nel portare avanti le storie. Ha vinto qualche premio, non è travolgente da sentire ma è parecchio denso.
C’è anche qualche miniserie autoconclusiva che vi devo consigliare. Pochi episodi che raccontano storie spesso incredibili. Le mie preferite in italiano sono entrambe molto famose, nonché le uniche miniserie audio italiana in cui mi sia mai imbattuto di livello davvero internazionale: Veleno, di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, una storia incredibile di abusi sui minori nella provincia emiliana (sito), e Polvere, di Chiara Lalli e Cecilia Sala, sull’omicidio di Marta Russo (sito).
Ma se l’inglese non vi spaventa, io vi consiglio anche – in ordine di preferenza – The Drop Out, su una startup del settore sanitario la cui storia finisce incredibilmente male (sito); dello stesso genere anche WeCrashed, sul disastro della startup di coworking WeWork (sito); In the Dark, soprattutto la seconda stagione, su un povero disgraziato processato per omicidio sei volte negli Stati Uniti (sito); Lands of the Giants, in particolare la prima stagione a tema Amazon, che parla di come sono nate e come funzionano le grandi multinazionali del web (sito); Rabbit Hole, sui danni degli ambienti e discorsi estremi su Internet (sito); Room 20, la storia straziante di un uomo immobilizzato in una camera d’ospedale (sito); e Wind of Change, una storia così assurda sulla Guerra fredda che non vi anticipo neanche, uno dei più pazzi e divertenti di tutti (sito).
Per la bonus track ci vado giù duro: ogni anno la BBC invita un ospite d’eccezione a tenere una serie di conferenze, le Reith Lectures. La lista “storica” degli ospiti ha nomi come Betrand Russell, Robert Oppenheimer, J. K. Galbraith, Edward Said, Daniel Baremboim… (tutti disponibili liberamente online). Io vi consiglio la serie dell’anno scorso, con l’ex giudice della Corte suprema britannica Jonathan Sumption, sul rapporto tra legge e politica.
Alla prossima settimana e, già che ci siamo, buon Natale!
P.S.: Anche Pagella Politica, il progetto giornalistico che dirigo, ha un podcast. Poche settimane fa ha superato i 100 mila ascolti, se siete in cerca di qualcosa da ascoltare per le vacanze…