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L’estate arriva sempre con una promessa di grandi letture. Finalmente!, si dice il lettore accanito, finalmente potrò dedicarmi con continuità ai libri. La pila delle letture urgentissime – gli acquisti fatti d’impulso negli ultimi mesi, che ogni giorno occhieggiano stuzzicanti dal comodino – verrà aggredita di slancio, i libri brevi scorreranno via al ritmo di due o tre alla settimana, e senz’altro, tanto sarà il tempo a disposizione, arriverà l’ora di affrontare il grosso volume, il grande classico, l’opera magna troppo a lungo rimandata.
È arrivato il momento di affrontare la realtà e di svelare che si tratta per lo più di un’illusione. L’ottimismo libresco viene dalle memorie di gioventù, quando l’estate significava tre mesi senza la scuola e, in sostanza, senza molto da fare (chissà quante carriere di lettori sono cominciate grazie alla noia dei ragazzi nelle giornate infinite).
Ma periodi così lunghi di inattività non si sposano molto bene, ahinoi, con le attuali convenzioni lavorative, nelle quali i tre mesi sono sostituiti, il più delle volte, da due o tre settimane. E durante quelle poche settimane molto, nelle possibilità di lettura, dipenderà anche dal viaggio in programma: il lettore accanito sarà certo incappato nel tipico errore di valutazione che fa mettere in valigia quattro spessi tomi per quel viaggio in Sudamerica, immaginando chissà quanti tempi morti, solo per accorgersi che i tempi morti non ci sono; finendo per rimettere nello scaffale i volumi intonsi, tornati a casa, per giunta un po’ stropicciati dai giorni in valigia.
Solo la tipica vacanza rilassante, spiaggiati al mare o reclusi in montagna, e solo in condizioni ambientali particolarissime – niente figli, pochi amici, nulla da visitare intorno – garantisce davvero qualche margine al lettore: eventualità rara però, in cui mi rendo conto con una certa amarezza di non ritrovarmi da anni.
Se l’estate di letture è dunque un ricordo adolescenziale duro a morire, restano comunque alcune convenzioni libresche legate all’atmosfera vacanziera: una di queste vuole che si tratti di libri leggeri e poco impegnativi. Sul lettino o sulla sdraio litoranea, si dice, la lettura adeguata è il giallo, il bestseller, insomma l’evasione. Anche in questo caso, la teoria comune appare poco saggia. Se si ha la fortuna di avere la mente sgombra, molto tempo e un contesto rilassante, quale momento migliore per darsi ai libri più impegnativi? Faccio dunque un appello: il lettore accanito abbia il coraggio di andare contro la pigra convenzione e si presenti in spiaggia con l’asciugamano e L’uomo senza qualità. In uno stuolo di parole crociate e creme solari, peraltro, sarà difficile non farsi notare.
Per quanto mi riguarda, da qualche anno a questa parte i viaggi estivi mi spingono a investire nelle letture preliminari. Convintomi a poco a poco che, se il miglior modo per conoscere a fondo un luogo è viverci per un periodo esteso, il secondo è leggerci sopra, quando si profila un viaggio all’orizzonte mi fornisco di qualche libro sul tema. Non si tratta di solito di romanzi ambientati nella mia destinazione né di diari di viaggio: una certa bulimia nozionistica mi porta sempre a fornirmi soprattutto di libri di storia.
Faccio qualche ricerca e ne compro due o tre, tra cui sempre una storia generale (quelle con sottotitoli come “dalle ziggurat ai giorni nostri”). Ma come si tende a sopravvalutare le qualità libresche dell’estate, a maggior ragione si sovrastima sempre il tempo libero nel prossimo futuro, per cui va a finire che, di quelle due o tre letture introduttive, finisco per occuparmi poco o nulla. Parto di solito dalla storia generale e mi fermo dopo qualche decina di pagine, per mancanza di tempo: purtroppo le prime pagine sono di norma dedicate alla preistoria e ai primi insediamenti umani, per cui di cinque o sei Paesi ho letto disquisizioni sul Neolitico ma mai che cosa sia successo nell’Ottocento. Purtroppo per me, e mi perdonino gli archeologi, trovo la storia dei primi insediamenti umani generalmente noiosissima – oltretutto non sono in grado di saltare capitoli: i libri li leggo sempre dall’inizio – per cui alla fine dei conti parto per il viaggio del tutto impreparato.
Di norma, però, la visita apre alla curiosità, per cui torno a casa con tanto entusiasmo da dedicarmi davvero, a posteriori, alle letture propedeutiche: stupidissima inversione, giacché invece di arrivare sul posto con le coordinate utili ad apprezzare quanto vedo e visito, mi ritrovo costretto a rimettere ordine a posteriori tra le cose che ho incontrato, facendo affidamento sulla memoria, notoriamente frammentaria e inaffidabile. In questi giorni mi trovo proprio in questa situazione: complice un viaggio recente, sto leggendo una storia dell’Egitto (Jason Thompson, A History of Egypt, AUC Press, 2019). Lettura straordinariamente affascinante e che certo avrei voluto fare prima di visitare le piramidi e il museo egizio del Cairo. Sono già riuscito a superare il Neolitico: per i miei pochi giorni di mare ho già deciso la mia compagnia, per cui ne riparleremo.
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