Nella scorsa puntata ho parlato di un libro sui criminali a Milano. Benvenuti a tutte le nuove iscritte e i nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di questa newsletter. Se quello che leggi qui sotto ti piace, inoltralo a qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato mattina, cliccando qui.
Sfidando i luoghi comuni per cui ci sono cose che vanno fatte soltanto da piccoli, ho cominciato a studiare un po’ di francese. La mia prima lettura da novello studente, la scorsa settimana, è stata un romanzo breve di Philippe Claudel, La petite fille de monsieur Linh, pubblicato nel 2005 (in Italia dovrebbe essere uscito per Ponte alle Grazie con il titolo La nipote del signor Linh, anche se non lo ritrovo sul sito della casa editrice). L’esercizio di lettura è stato utile non soltanto per i passi avanti linguistici, ma anche perché mi ha fatto ripensare alla teoria dell’arte kitsch.
Con uno dei suoi fulminanti e argutissimi attacchi, Umberto Eco prendeva in giro – in apertura di un saggio che non riesco a ritrovare – chi proclamava di essere andato a vedere un filmaccio sentimentale e svenevole restando del tutto immune ai suoi trucchetti per commuovere lo spettatore. Certo che io mi sono commosso, scriveva Eco: lo so che era un brutto film, ma era anche un film fatto apposta per ottenere le mie lacrime.
Come spesso accade, Eco traduceva con eleganza teorie complesse già elaborate con più complessità da altri. In questo caso da Theodor Adorno, che in un passaggio dei suoi scritti sull’estetica argomenta come l’opera d’arte kitsch contiene già all’interno la reazione emotiva richiesta dal fruitore: lo spettatore (nel caso di Adorno, che parla della musica popolare, l’ascoltatore) viene spinto verso una specifica emozione in modo forzato, senza margini di interpretazione.
Molto è stato scritto sul kitsch, in particolare in riferimento alla sociologia dei processi culturali. Nell’epoca dell’industria culturale – la produzione di oggetti artistici rivolti alle masse – il kitsch è straordinariamente diffuso, così che oggi un certo modo di trattare con l’accetta sentimenti ed emozioni si ritrova un po’ dappertutto nei libri, nei film o nella musica di maggior successo commerciale, da Moccia a Bocelli o a Muccino.
Claudel, che rientra in questa gloriosa tradizione, racconta una storia semplice e d’impatto. Un anziano vietnamita, il signor Linh del titolo, arriva in Francia scappando dalla devastazione del suo paese e si ritrova solo e senza alcun punto di riferimento, con l’unica ancora di salvezza della sua nipotina appena nata. La storia non finisce bene, con un colpo di scena finale. E soprattutto, anche a una lettura faticosa come la mia, il libro vuole commuovere a più riprese.
Il libro di Claudel è insomma un libro facile. Ma un lettore poco esperto, o poco consapevole, potrebbe scambiarlo per un bel libro: dopotutto, parla di amicizia, di sradicamento, di solitudine. Il suo autore, che è anche un regista, ha ricevuto numerosi premi (uno dei quali anche per questo romanzo). Il che mi porta a un secondo ordine di considerazioni.
Oggi è del tutto fuori moda avanzare il dubbio che prodotti culturali di successo abbiano in realtà scarso o nullo valore artistico: persone anche intelligenti difendono il principio che il volume delle vendite dimostra di per sé stesso un valore intrinseco dell’opera. Il principio democratico, in cui l’opinione della maggioranza è l’unica che conta, si è estesa anche al giudizio estetico, una specie di applicazione alla critica letteraria del principio dell’“uno vale uno”: se vende, allora vale. La sostanziale scomparsa della critica è probabile conseguenza del fatto che nessuno sopporta più l’idea che qualcuno gli dica che ha gusti discutibili o non abbastanza educati.
Il mio dubbio di oggi è allora questo: come si può spiegare che la letteratura è un’arte complessa, che va insegnata, e che i trucchetti e le scorciatoie del mestiere sono appunto modi dozzinali di produrre oggettini luccicanti ma inutili? Ha senso combattere questa battaglia, quando molti, se non quasi tutti, non hanno il tempo o la voglia di andare alla ricerca delle cose difficili? Il signor Linh mi avrà anche commosso, ma almeno mi sono accorto che mi stavano fregando.
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