La scorsa settimana ho parlato di una delusione da Amazon (recidiva). Un benvenuto a nuove iscritte e nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, inoltralo a qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato mattina, cliccando qui.
Quanto poco sapessi di Mantova, la mia città, mi è diventato evidente nel momento in cui, qualche anno fa, ho cominciato a leggere sulla storia locale per una piccola ricerca. Certo, avevo già visitato i suoi monumenti più famosi e avevo percorso tutte le sue strade infinite volte; mio padre mi aveva raccontato molte cose della storia della città, di Sant’Andrea, dei Gonzaga e del Palazzo Ducale, ma fino a quando non ho preso in mano qualche libro, qualche articolo, le informazioni erano rimaste imprecise, oppure circoscritte a un personaggio memorabile o a un evento straordinario (quante altre signorie italiane sono nate con una battaglia nella piazza principale della città?).
Le letture hanno dato nuova profondità ad ambienti quotidiani, hanno fornito una storia ricca e complessa a monumenti da sempre presenti nella mia vita, ma discreti, silenziosi, come parenti lontani. Il mio sguardo sulla città in cui sono nato e cresciuto, grazie a quei libri e a quei saggi, è cambiato.
A fianco di Mantova c’è solo un’altra città su cui mi sono impegnato in un’operazione di conoscenza tramite la lettura, Venezia.
Il potere dei libri di arricchire i luoghi mi è tornato in mente perché sto leggendo la storia di Venezia di Frederic Lane (uscito in origine negli anni Settanta, ma costantemente ristampato e pubblicato in Italia da Einaudi). Uno di quei saggi divulgativi e lineari, pur riflettendo con ogni evidenza anni e anni di studi, che gli studiosi anglosassoni sanno scrivere e noi mediterranei invece no. Avevo provato infatti a leggere la Storia della Repubblica di Venezia di Roberto Cessi (pubblicata inizialmente nel 1944-46 ed edita per l’ultima volta, credo, nel 1981 da Giunti-Martello; ora non più in commercio) che mi era stata consigliata come la migliore: forse lo sarà, non posso metterlo in dubbio, ma la sua prosa elegantissima aveva il limite piuttosto fastidioso di dare per scontata la conoscenza… della storia della Repubblica di Venezia. Riproverò con il tomo del Cessi, ma arriverò all’italica erudizione dopo l’anglosassone chiarezza.
Il libro di Lane è assai tradizionale nella struttura – le vicende della città, dalla fondazione alla fine della repubblica indipendente – e ha un’attenzione particolare per gli aspetti economici. Per quanto riguarda la storia di Venezia, non si può chiedere di meglio.
Ma a fianco di esso c’è un altro libro che mi ha fatto vedere la città con occhi nuovi: Elements of Venice di Giulia Foscari (pubblicato da Lars Müller nel 2014). Si tratta di un curioso libro illustrato, in cui le immagini sono importanti tanto quanto e forse più delle parole. Si basa sull’idea di scomporre la città nei suoi elementi costitutivi (le facciate, le scale, le porte, le finestre) e di osservare come cambiano a seconda dei tempi e dei luoghi. Sul Canal Grande si affacciano molti palazzi: il libro di Foscari ne dà una classificazione sulla base degli stili e dei periodi, ma prima ancora suggerisce una chiave di lettura, un’educazione per lo sguardo. Prima di ogni visita torno a sfogliarlo e ogni volta ho uno strumento nuovo per leggere la città.
L’esperienza con Mantova e con Venezia mi ha fatto pensare anche che, se altri media come un documentario o una trasmissione radiofonica possono insegnare molto su un luogo (ma sospetto che lo stesso valga anche per un’opera d’arte o per un evento storico) la capacità di informare e di fissare nella memoria la conoscenza di un libro rimane del tutto ineguagliata. Questo fenomeno mi appare piuttosto misterioso. Perché guardare un documentario su piazza San Marco, o sentire un’audioguida, non funziona altrettanto bene che leggere un libro sul tema? L’unica spiegazione che vi trovo è che i libri devono presentare le informazioni in una narrazione coerente per toni, impostazione, linguaggio: le inseriscono insomma in una storia, aiutando la memorizzazione, mentre una guida turistica o un documentario saranno sempre più frammentarie e aneddotiche. Ma la mia è soltanto un’ipotesi.
Un ultimo appunto. Leggere a proposito di un luogo non sostituisce la visita. Anzi, si possono aver letto scaffali interi di libri su New York o su Roma, ma fino a che non le si avrà visitate sarà assai difficile farsi un’idea esatta – o meglio, una qualche impressione si creerà pure, solo per venire spazzata via dall’imprevedibile e indescrivibile realtà. Le letture sono piuttosto un complemento, un’aggiunta. Ma se la frase ormai lisa e abusata dice che i libri sono un modo per viaggiare senza muoversi, è anche vero che quando ci si muove davvero i libri migliorano il viaggio.
Commenti? Idee? Suggerimenti? Puoi scrivermi rispondendo a questa email.
P.S.: Da qualche giorno curo anche una nuova newsletter quotidiana per Pagella Politica, il progetto di fact-checking e informazione politica di cui sono direttore. Non si parla di libri, ma se vi interessa si chiama “Il Franco Tiratore” e ci si iscrive qui.