Nella scorsa puntata ho parlato di una classifica di dieci libri. Bentornati ai vecchi e benvenuti ai nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, condividilo con qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato, cliccando qui.
C’è una questione: l’amica Silvia mi ha fatto notare, l’altro giorno, che non mi occupo quasi mai di autrici. In effetti, prendendo in considerazione i libri di cui ho parlato qui, è indubbio che tra gli autori ci sia una letta predominanza maschile. Il lettore riflessivo si chiederà quindi come spiegare lo squilibrio di genere.
Avanzo qualche ipotesi. Da un lato nelle mie uscite commento solo alcuni titoli: uno degli ultimi romanzi che ho letto, ad esempio, era di un’autrice, ma non l’ho trovato particolarmente interessante, o non è ancora finito in uno dei miei ragionamenti, per cui è passato, per così dire, nel silenzio. Ad ogni modo, una delle letture migliori che ho fatto negli ultimi tre anni è Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar (ed. or. 1951, Einaudi, 344 pp.) e uno dei libri più belli in cui mi sia mai imbattuto sono i racconti di Dear life di Alice Munro (ed. or. 2012, in italiano Uscirne vivi, Einaudi, 312 pp.). Già sugli scaffali – cioè tra quei libri che ho già acquistato per urgentissima lettura, e che poi però magari restano intonsi mesi o anni, messi da parte da altre urgenze – ci sono Jane Austen, Elif Batuman, Annie Ernaux.
È un fatto però che, se considero il totale dei libri letti da quando ne tengo traccia analitica, il numero di quelli scritti da donne è parecchio basso (intorno al dieci per cento). Parte del motivo credo sia storico: fino a tempi non antichissimi, a naso direi fino al secondo dopoguerra, la pubblicazione di un libro da parte di un’autrice non era certo un fenomeno impossibile ma senz’altro assai minoritario. E come si sarà capito ho una certa tendenza passatista.
Le cose stanno cambiando negli ultimi venti o trent’anni, con sempre più autrici al centro delle cronache letterarie e anzi, secondo alcune inchieste, facendo la parte del leone. Un paio d’anni fa il Guardian pubblicò un lungo articolo dal titolo Come le donne hanno conquistato il mondo della narrativa, anche se la percentuale di libri recensiti sulle riviste letterarie sembrerebbe ancora sbilanciata a favore degli uomini. Ma se guardiamo al passato ci sono intere tradizioni letterarie composte solo da uomini. Alcuni dei poeti più importanti della letteratura russa sono donne, specie nel Novecento; la tradizione del romanzo però, se stiamo almeno al canone usuale fatto di Puškin, Tolstoj, Turgenev, Dostojevskij, Gogol, giù fino a Bulgakov e Pasternak, è un affare maschile.
Sospetto che ciò valga anche per diversi altri settori. Mi affascina la storia e la cultura veneziana. Ma se guardo allo scaffale constato che cinque su sei sono scritti da uomini – storie generali di Venezia: Frederic Lane, Alvise Zorzi, Roberto Cessi… – con la luminosa eccezione di quello che forse è il migliore in assoluto, Elements of Venice di Giulia Foscari (Lars Müller, 2014, 696 pp.). Lo squilibrio, almeno numerico, resta.
A fianco dell’elemento storico potrebbe essercene una spiegazione anche una più problematico. I percorsi del lettore seguono collegamenti spesso imperscrutabili, e andando di lettura in lettura il mio risultato è appunto una rappresentanza femminile minoritaria. È possibile allora che le scrittrici scelgano temi o storie o personaggi che mi interessano meno? Ciò equivarrebbe a dire, innanzitutto, che ci sia un quid femminile proprio delle scrittrici, qualcosa che le accomuna e le differenzia dagli autori maschi: e, in secondo luogo, che quel qualcosa risuonerebbe meno in alcuni lettori.
Potrebbe essere così, ma onestamente non lo credo. E soprattutto spero che non sia il caso, perché un bel libro dovrebbe essere tale n’importe quoi, incluso il genere dell’autore – e mi illudo che la mia ricerca sia appunto soltanto quella di trovare bei libri. Forse per esplorare la risposta a questo dilemma bisognerebbe provare a leggere solo autrici per un mese oppure un anno. Sono incerto se tentare l’esperimento.
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Cherchez la femme...si diceva un tempo sulla scena del crimine. Il rivaleggiare in ambito letterario sulla questione di genere, mi sembra un inutile orpello dialettico, tanto inutile quanto polemico. Yourcenar, per fare un nome, vale 100, 1000, 1000000 di maschietti letterari: l'arte, in ogni sua forma ed espressione è arte; e non genere sessuale...e sinceramente duole constatare che ciò non sia pacifico. Apprezziamo ogni opera letteraria per quanto riesce ad esprimere e non per il sesso di chi l'ha creata. I migliori saluti. Rodolfo Ranzani