Nella scorsa puntata ho parlato di letture sul Giappone. Bentornati ai vecchi e benvenuti ai nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, condividilo con qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato, cliccando qui.
C’è una bella poesia di Kenneth Koch che comincia così:
You want a social life, with friends.
A passionate love life and as well
To work hard every day. What’s true
Is of these three you may have two
And two can pay you dividends
But never may have three.
Che alla buona si potrebbe tradurre in questo modo:
Vuoi avere una vita sociale e degli amici
E un’intensa vita amorosa e perfino
Lavorare parecchio ogni giorno. La verità
È che puoi avere due di queste cose
E può anche essere abbastanza
Ma non potrai mai averne tre.
There isn’t time enough, my friends, prosegue il poeta, che poco più in là conclude:
I know one who loves and parties
And has done so since his thirties
But writes hardly anything at all.
«Ne conosco uno che ama e va alle feste / E fa così da quando ha trent’anni / Ma a stento scrive due righe», variazione sul tema di un concetto più volte espresso da molti autori. Forse agli orecchi nostrani la formulazione più nota della frase è quella, dai toni ben più drammatici dell’ironico Koch, attribuita a Luigi Pirandello: «La vita o si vive o si scrive. Io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola» (a margine: spesso si legge che la frase è messa in bocca al protagonista nel Fu Mattia Pascal, dove però non compare da nessuna parte). Più modestamente, le scelte sofferte a cui sono costretti gli scrittori valgono anche per i lettori.
I quali devono talvolta arrendersi alla selezione di Koch e, per quanto la loro massima aspirazione, tutto sommato modesta, sia di dedicarsi alla lettura per un’ora o due al giorno, e magari per tre o quattro, devono cedere a un periodo più intenso nel lavoro e a qualche impegno mondano più frequente del solito. Il never may have three del poeta così li trascina lontano, per qualche settimana, o perfino qualche mese, o – terribile!, ma succede – qualche anno.
Ma prima o poi si tornerà sempre alle vecchie passioni e, se non si avesse timore di esagerare, verrebbero in mente persino le parole di Machiavelli, in uno dei suoi testi più giustamente famosi, quando descrive il suo ritorno a casa dopo aver passato la giornata all’osteria e buttato il suo tempo, e il potersi dedicare finalmente «quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui»: per l’occasione solenne vestendosi persino degli abiti che usava portare quando era al servizio della grande città di Firenze. Il lettore da altre cure distratto si accontenterebbe anche di una mise meno impegnativa.
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