La scorsa settimana ho parlato di capolavori nei cassetti. Un benvenuto a nuove iscritte e nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, inoltralo a qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato mattina, cliccando qui.
C’è un famoso video di Umberto Eco che cammina tra gli scaffali dei suoi libri nella sua casa milanese. Quella biblioteca ha circa 33 mila volumi (altri libri Eco li teneva altrove) e possiamo ragionevolmente pensare che non li avesse letti tutti: in una delle prime uscite di questa newsletter avevamo stimato che un lettore “professionale” potesse arrivare a circa cinquemila libri letti in tutta la sua vita.
Eco avrà dovuto passare diverso tempo a scrivere i suoi romanzi e nella sua attività di docente e conferenziere, dunque il totale è di certo più basso. Ma anche pensando alla possibilità che l’intellettuale compensasse con qualche sovrumana capacità di concentrazione o velocità bisogna concludere che, di tutta quell’abbondanza, ne avesse letto una piccola parte. C’è di più: Eco era un grande teorico dell’utilizzo dei libri, di lasciarci annotazioni, appunti, orecchie. E in quella biblioteca i volumi con aggiunte e commenti sono circa duemilacinquecento, meno di uno su dieci. Insomma, per quanto possa sembrare straordinario Umberto Eco – non essendo un supereroe e anzi una persona discretamente impegnata – non deve i suoi risultati di studioso, scrittore e intellettuale a una qualche mostruosità quantitativa di lettore (su questo punto varrà la pena di tornare in una prossima uscita).
Tuttavia Eco sentiva il bisogno, o provava la soddisfazione, di avere trentamila volumi a portata di mano. Perché il lettore accanito, dunque, sente il bisogno dell’accumulo? I criteri più frequenti che guidano il collezionismo non si applicano molto bene ai libri. Pensiamo alla rarità, ad esempio: gran parte dei libri sono stampati in migliaia di copie e molti di loro sono pubblicamente e gratuitamente disponibili nelle biblioteche pubbliche. Oppure alla bellezza esteriore: i libri non sono per forza begli oggetti. O ancora alla completezza: nessuno può anche lontanamente pensare di avere tutti i libri mai stampati.
Certo esistono anche i collezionisti di libri, chi acquista edizioni antiche o rare per interesse verso l’oggetto in sé (Eco tra l’altro era anche un collezionista di libri antichi). Hobby spesso costoso e con un circuito di appassionati espertissimi di edizioni rare e stampe preziose, non necessariamente del loro contenuto (per qualche motivo i dizionari assegnano solo a loro il nome di bibliofili, amanti dei libri). Ma si tratta di un’altra categoria, che qui non ci interessa.
Esistono poi anche librerie che non corrispondono a lettori accaniti. A volte le librerie rispondono a una volontà di… arredamento, per mancanza di una parola migliore. Ho frequentato case che avevano una libreria ben fornita, con eleganti e costose edizioni, in cui non ho mai visto nessuno con un libro in mano – ancora di più, non ho mai avuto il sospetto che nessuno avesse in realtà mai aperto uno di quei libri. Chissà da dove venivano: forse dalla biblioteca degli antenati o forse da acquisti fatti coscienziosamente decenni prima, con l’idea che una casa che si rispetti non possa avere almeno qualche volume in bella mostra.
Ciò che spinge il lettore accanito all’accumulo va quindi cercato altrove, non trattandosi di una classica forma di collezionismo e non volendo concentrarci sulle malinconiche librerie senza lettori.
Da un lato c’è l’acquisto compulsivo. A volte, come sapranno molti frequentatori delle librerie, si prova una sorta di urgenza, quella di possedere subito quel volume su un tema curioso o interessante. Mi è capitato di recente di intravedere tra i miei libri I supplizi capitali di Eva Cantarella (Feltrinelli, 2018, prima ed. 1991): so poco del mondo classico ma un’esplorazione del tema della pena capitale a Grecia e a Roma mi sembrava interessantissima, quando l’ho notata in una libreria. Dovevo avere subito quel libro – l’ho comprato quasi in un raptus, salvo che poi me ne sono dimenticato completamente, il libro è rimasto su uno scaffale, e chissà se mi ci dedicherò mai.
Ma ogni libro è anche una sorta di promessa: quella di una scoperta futura, di qualche ora passata imparando qualcosa o in un mondo diverso. C’è una gioia nel possesso dei libri che viene dal sapere di poter accedere facilmente a ore di viaggio di scoperta, a un’attività piacevole. Avere una bella biblioteca è come essere in buona compagnia: ci si circonda di ciò che fa stare bene.
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Tullio De Mauro sosteneva che la necessità dell'accumulo tipica dell'intellettuale italiano non aveva riscontri all'estero, per via della possibilità d'accesso alle biblioteche pubbliche, che da noi è parecchio meno semplice, per motivi che chiamano in causa, più o meno, la politica