Mi avete segnalato in diversi un problema di visualizzazione nella scorsa puntata, in cui ho parlato di due bei libri italiani recenti. Era un maldestro tentativo di inframmezzare rimandi ad altre puntate a tema, ma la grafica di Substack li ha resi in effetti un po’ confusi. Incidenti grafici a parte, qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che trovi qui sotto ti piace, condividilo con qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato, cliccando qui.
Negli ultimi tempi mi ritrovo ad avere gusti sempre più difficili a proposito della qualità dell’oggetto-libro, una schizzinosità che non mi sarei mai aspettato di attraversare. Il primo segnale è arrivato quando ho cominciato a sentirmi sempre meno attratto dai libri in formato elettronico e, nonostante una frequentazione di vecchia data con il Kindle, mi sono ritrovato a rimandare il possesso di un libro che mi interessava per permettermi di procurarmi una copia cartacea. Il ritorno alla carta è stato piuttosto repentino e oggi tendo a non comprare quasi più nulla per il Kindle. È una scelta dettata dal fatto che l’esperienza di lettura di libri elettronici, almeno per me, ha diversi limiti piuttosto gravi, che in oltre dieci anni d’uso dello strumento non sembrano essere mitigati o risolti in qualche modo.
Il difetto principale è l’assenza di due dimensioni specifiche: quella tattile, che in un libro cartaceo permette di rendersi conto del punto a cui si è nella lettura, come ad esempio di quanto manchi alla fine di un capitolo; e quella spaziale, nell’ambito della singola pagina, grazie alla quale, con procedimento quasi magico, ci si ricorda spesso esattamente a che punto si è arrivati nella lettura di un libro interrotto la sera prima o il fine settimana precedente, ma si è anche in grado di ritrovare una citazione notevole contenuta magari decine di pagine prima. È come se, più del cervello, a ricordarsi dove sia una frase siano l’occhio e le mani.
Né il controllo del livello di avanzamento per lettori impazienti, né la localizzazione istantanea sulla pagina sono possibili con il libro elettronico. La funzione delle note e delle sottolineature di singoli passi è estremamente poco pratica, almeno nel mio modello di Kindle recente ma non recentissimo, perché i passaggi da ricordare finiscono in un file a parte, difficile da scorrere e organizzato in mero ordine cronologico. Per non parlare della terribile funzionalità di lasciare un segnalibro su una pagina particolare, che viene registrato nel file degli appunti come un mero numero.
L’unica funzionalità in cui davvero il libro elettronico fornisce un’esperienza di lettura decisamente migliorata rispetto al cartaceo è quella che riguarda i testi in altre lingue, grazie alla possibilità di consultare il lemma di un dizionario monolingue semplicemente premendo sulla parola a schermo. Per me è stata decisiva nel rendermi un discreto lettore in lingua originale per l’inglese, anche se con mio rammarico – altro limite snervante – non sono mai riuscito ad attivare la stessa funzionalità per altre lingue. Ciò mi ha costretto a vari esperimenti con dizionari online e cartacei quando ho cercato di leggere un libro in una lingua diversa dall’inglese: nonostante le varie applicazioni e i vari gadget tecnologici, una faticaccia tremenda.
Ma c’è dell’altro. Non conosco bene i termini tecnici dell’editoria, ma oggi i libri si presentano quasi solo in formato tascabile, con rilegatura incollata, carta piuttosto sottile e copertina flessibile. In altre parole, in un formato piuttosto fragile. Forse perché il sistema editoriale odierno richiede molti titoli e impone un ricambio rapido e continuo, i libri sono in larga maggioranza in edizione economica. Questa fragilità, con il passare del tempo, mi infastidisce. Mi ritrovo a guardare la mia libreria e a pensare se e come si potrebbero far rilegare quei volumi, in modo da dargli quell’aria solida e che resiste la prova del tempo come oggi è raro vedere.
Così quando compro un libro, non pago di aver abbandonato le versioni elettroniche, comincio a guardare anche se esiste la versione con la copertina rigida. E quando cerco un libro stampato in diverse edizioni, qualcosa mi attira verso la più resistente. Inconscia tensione alla fuga dal passare del tempo? Velleitario desiderio di costruire qualcosa che duri, fosse anche una collezione di libri? Semplice bibliomania strisciante? Mi interrogo sulla psicopatologia delle preferenze editoriali.
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A proposito della caducità dei libri intesi come oggetto, questa estate ho avuto la dubbia pensata di fare una sorta di censimento dei libri letti negli ultimi anni. Ho quindi estratto uno ad uno i libri dalle librerie, esplorando anche i luoghi meno frequentati (gli scaffali verso il soffitto ed il pavimento...). Togliendo il libro dallo scaffale, dove è sostenuto dagli altri, in molti casi, anche con testi di nemmeno una decina di anni fa, spesso mi ritrovavo con l'oggetto che mi si "sbriciolava fra le mani", scollato o con la carta precocemente ingiallita, ecc. Questa, unita al fatto che altrettanto spesso scoprivo titoli di cui non solo non ricordavo il contenuto, ma non ricordavo nemmeno di aver letto, mi è parsa una inquietante metafora della vita. Per superare la malinconia del momento ho utilizzato un sistema infallibile e vecchio come il mondo: non pensarci più. Un saluto.
in realtà su kindle c'è la percentuale di avanzamento sempre visibile in basso (a scelta tra % rispetto alla fine del libro o alla fine del capitolo)