La scorsa settimana ho parlato di Thomas Bernhard. Un benvenuto a nuove iscritte e nuovi iscritti: qui trovate una presentazione mia e dei temi di cui parlo. Se quello che leggi qui sotto ti piace, condividilo a qualcuno che potrebbe apprezzare. Se non sei ancora iscritto/a, puoi ricevere questa newsletter nella tua casella di posta, ogni sabato mattina, cliccando qui.
Con tutti i capolavori riconosciuti che ci sono là fuori, ci si potrebbe immaginare la vita del lettore per diletto come una sorta di continua scoperta di meraviglie. Ma la carriera del lettore non procede in linea retta. All’incontro con un libro esaltante o anche semplicemente con un bel libro seguono spesso lunghi periodi – di qualche settimana o persino qualche mese – in cui non si fanno esperienze altrettanto fortunate. Si passa attraverso libri che magari si riconoscono interessanti ma non si riescono a finire, per il poco tempo o le preoccupazioni che vengono dalla famiglia o dal lavoro; si incrociano titoli promettenti che alla fine però non lasciano molto; si può persino incappare in qualche libro francamente brutto. Le soddisfazioni si fanno più rare.
Sono fasi di stanca, di routine nella vita del lettore, che sa accettarle per quello che sono: inevitabili. La lettura che rimane impressa, d’altra parte, è frutto di allineamenti astrali fortunati. Dobbiamo essere predisposti verso un certo testo per apprezzarlo appieno, il periodo della nostra vita deve essere giusto, persino l’umore gioca una parte importante. Non è un caso che Sulla strada di Jack Kerouac sia il classico amore letterario giovanile: letto da un cinquantenne deve probabilmente risultare poco più di un documento sociologico (ma non escludo che possa far precipitare la crisi di mezza età e dar la spinta definitiva all’acquisto di una moto). D’altra parte, se gli astri non sono propizi, anche Guerra e pace può diventare una lettura poco interessante.
In altre parole: l’esperienza di un bel libro richiede tanto la bontà della materia prima, da un lato, quanto la giusta predisposizione del lettore dall’altro, non diversamente da quanto la cena in un ottimo ristorante diventa un’esperienza piacevole non solo grazie al cibo, ma anche alla compagnia, allo stato d’animo, all’assenza di preoccupazioni per il conto.
I motivi per cui si passa attraverso le fasi di stanca della lettura sono parecchi. Non possiamo sapere in anticipo che cosa ci piaccia o che cosa si accordi al periodo che stiamo attraversando, e dunque la responsabilità è in parte della semplice casualità: quella di non aver scelto il libro giusto oppure della scoperta che il testo non coincide con le aspettative. Un autore complesso non fa per i periodi che richiedono leggerezza, un libro di puro intrattenimento si adatta poco ai giorni in cui ci sentiamo attratti dalla profondità.
Ci sono poi le cause di forza maggiore: la lettura è spesso un’evasione, ma là fuori c’è pur sempre la vita con i suoi impegni e i suoi doveri. Per diverso tempo il lettore potrà essere costretto a leggere meno di quanto vorrebbe e c’è una quantità minima di pagine, che varia da libro a libro, che permette di apprezzarlo davvero. Inutile leggere Thomas Mann due pagine alla volta. Ogni libro insomma richiede il suo ritmo e, se non si ha la possibilità di stare al passo, la lettura ne risulterà disturbata, fino a richiedere quella frustrante esperienza, ben nota al lettore esperto, che è ricominciare da capo, sperando che i tempi si siano fatti più propizi nel frattempo.
La carriera del lettore procede a scatti, a salti: cinque o sei letture, dieci forse in una vita, accadranno proprio al momento giusto e apriranno prospettive del tutto nuove, cambieranno la vista sul mondo e su di noi. Nel mezzo bisogna accomodarsi nella routine, preparando senza saperlo il prossimo incontro decisivo.
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